Gli amanti del genere horror prendono molto seriamente la notte del 31 Ottobre: quale momento migliore, del resto, per vivere quella sensazione di terrore sotto pelle, quel senso di angoscia e inquietudine generato dalle giuste atmosfere o da un nemico particolarmente insistente? Noi di Nerdream abbiamo deciso di darvi una mano nel ricercare queste controverse sensazioni, selezionando quattro titoli capaci, indipendentemente dall’anno di uscita, di ricordarci che cosa significa la parola horror! Se siete pronti, quindi, a fare un tuffo nelle tenebre insieme alla nostra redazione, beh… buona lettura!
Alone in the Dark (1992)
Sono il più anziano membro del consiglio delle zucche vuote di Nerdream, e come tale non potevo che parlare di un gioco… anziano!
Correva l’anno 1992, quando la mente geniale di Frédérick Raynal e l’egregio lavoro di Infogrames diedero vita ad uno dei pilastri del genere horror nel mondo dei videogiochi, ovvero Alone in The Dark!
Alone in The Dark può essere tranquillamente considerato come la solida base su cui poggia l’intero universo dei survival horror videoludici. Prima di lui questo genere non esisteva, ed è stato lui il capostipite da cui tutti hanno più o meno attinto. Siamo di fronte ad uno dei primi giochi che portò ad un livello altissimo le atmosfere cupe ed incredibilmente fantasiose di H.P. Lovecraft, oggi letteralmente schiaffate in ogni dove, con una caterva di nuovi horror “Lovecraftiani” che nascono e muoiono alla velocità della luce.
Di Lovecraft il gioco mantiene intatte le caratteristiche tipiche ambientali che potremmo definire rurali ed allo stesso tempo anche il dosaggio di un “orrore” mai sbattuto in faccia, mai invadente, mai troppo truculento, ma costantemente percepibile e portatore di un’ansia velata ma opprimente.
Ma cos’altro aveva di speciale questo primo capitolo di Alone in The Dark? Beh, dovete sapere che fu il primo reale esperimento di videogioco con caratteristiche di tipo cinematografico che portò il 3D nelle case di tantissimi appassionati. Per farvi capire bene di cosa parliamo tocca fare qualche accenno alla storia di gioco.
Tutto è ambientato in una sorta di vecchia villa di campagna, ex dimora di un ricco barone oramai defunto a causa di ciò che ha tutta l’aria di essere un suicidio in piena regola… ma un’amica del defunto, non credendo a questa possibilità, ingaggia un detective privato per indagare sull’accaduto e capire le reali dinamiche di questa morte sospetta. Sarà proprio il detective uno dei due personaggi giocabili dell’avventura, mentre il secondo personaggio utilizzabile sarà rappresentato dalla nipote del defunto. Anche la possibilità di scelta del personaggio ed il diverso svolgimento della storia, in base al personaggio scelto, rappresentano una novità non da poco, perché fino a quel momento, di solito, le avventure o non permettevano di scegliere tra più personaggi o comunque avevano lo stesso incedere narrativo a prescindere dal protagonista scelto.
Saranno quindi teatro della nostra partita le stanze della villa, riprodotte per l’appunto in tre dimensioni, con una serie di telecamere fisse che si alterneranno a riprenderci da varie angolazioni, in base ai nostri movimenti nelle stanze, con una visuale in terza persona ed inquadrature dal taglio cinematografico (altra enorme novità per i primi anni ’90). Ogni stanza, riprodotta con un’immagine statica per ogni inquadratura differente della telecamera, contiene elementi d’arredo poligonali, anch’essi resi in 3D e lasciatemi dire che, all’epoca, una tale grafica non si era mai vista e lasciava davvero a bocca aperta.
Il gioco è un sapiente mix di storia, azione ed enigmi, con questi ultimi a prevalere rispetto alla pura azione… cosa che tutto sommato riesce a mettere molto più in risalto la storia e che ai fini prettamente ludici non guasta minimamente.
Sebbene i movimenti dei personaggi possano sembrare molto legnosi per i tempi moderni, dobbiamo sicuramente fare un plauso alle animazioni, con particolare menzione per quelle dei nemici e anche dei protagonisti, che alla fine riescono a cavarsela egregiamente.
Il gioco non è invecchiato male e giocarlo oggi può dare le sue soddisfazioni personali, anche dal punto di vista del bagaglio culturale in ambito videoludico, con delle situazioni tutt’ora di impatto ed un effetto visivo che ci porterà indietro nel tempo… Vi sembrerà di guardare il quadro della Camera di Vincent ad Arles di Vincent Van Ghog!
Il livello di sfida è elevato, proprio come gli standard dell’epoca imponevano, e tocca prepararsi ad intense sessioni esplorative e alla raccolta di oggetti utili per poter andare avanti nell’avventura! Sappiate che la villa non sarà affrontata in maniera “convenzionale”, ovvero partendo dal piano terra per poi salire, ma al contrario: partiremo infatti dalla soffitta per poi scendere mano a mano più in basso, con un livello di difficoltà che crescerà piano dopo piano. Il livello di angoscia e di ansia salirà a mano a mano che si procederà nell’avventura e sicuramente a contribuire ci sarà anche la gestione moooolto hardcore delle telecamere, scelta da Infogrames, che ci obbligherà, anche a causa della legnosità negli spostamenti, a vere e proprie imprese per liberarci dei nemici nelle fasi più concitate, soprattutto con il procedere dell’avventura!
Insomma, provare per credere, ma soprattutto provare per conoscere: se si ama un genere, come quello survival horror, sarebbe giusto e sacrosanto conoscerne la genesi, e questa genesi ha un nome ed un cognome… Alone in the Dark!
Scelto per voi da: Valerio Vega
Rule of Rose (2006)
Quando ho cominciato a pensare ad un titolo da proporre in questo speciale, la mia mente è andata avanti ed indietro nel tempo e nell’esperienza, alla ricerca di QUEL gioco, il gioco che potesse farmi rabbrividire soltanto pensandolo. Ho giocato abbastanza survival horror ed horror da sapere ben distinguere i tipi di brividi e poterli in qualche modo “accomunare”, identificandoli per categorie: ci sono quelli di quando ti senti braccato, come in Resident Evil 2 Remake o Haunting Ground; ci sono quelli della difficoltà e dell’affanno, come in The Evil Within; ci sono quelli dettati dal silenzio delle stanze e delle strade vuote, come in Dino Crisis o in Silent Hill.
E poi c’è il suo brivido, l’unico che non ho più sentito, l’unico che non è stato capace di tornare se non rigiocando il titolo stesso: quello di Rule of Rose.
Potrebbe non essere, per molti, il gioco più horror di tutti i tempi, ma ha un suo modo speciale di farti sentire sporco, rotto e corrotto, pur senza che tu abbia reali colpe nella vicenda.
La storia ruota attorno a Jennifer, una ragazza che si ritrova imprigionata in un dirigibile dove vige La Regola della Rosa, una legge che si impone su chi non fosse abbastanza forte da contrastarla. L’unico elemento amico è un cane, un Golden Retriever, che affianca la ragazza nelle fasi esplorative e di combattimento.
Il resto è un incubo materializzatosi in ambienti e volti, un incubo tale da indurre a pensare, grazie ad alcune scene proposte dal gioco stesso, che quella di Jennifer sia solo una proiezione mentale… un brutto sogno.
E noi, fin dal primo momento del titolo, ci auguriamo con tutto il cuore che lo sia: ciò che ci viene proposto è un’escalation di prove e situazioni angoscianti, malate fino al midollo, mitigate solo dalla volontà del giocatore di salvare la protagonista e dalla presenza di quello splendido cane, pronto a frapporsi tra noi e le minacce più o meno concrete che la produzione ci offrirà.
La percezione generale che si ha è dettata dal contrasto tra le atmosfere malate proposte e la presenza di personaggi giovani come protagonisti della vicenda, ragazzine e bambini che nell’immaginario collettivo sono creature “innocenti” e che qui incarnano quelle stesse atmosfere, diventandone personificazioni.
Gli Aristocratici della Rosa sono figure infantili come tutte le altre, apparentemente, ma convinti in cuor loro di rappresentare una sorta di elitè, un gruppo superiore e avente la possibilità di richiedere offerte e sacrifici, come in una società tribale, a chiunque ritengano inferiore a loro… Jennifer compresa.
E se la minaccia delle prove a cui gli Aristocratici ci sottopongono non è abbastanza, vi è poi quel dubbio costante sulla veridicità di ciò che stiamo vivendo e guardando, quella sensazione di disgusto nei confronti di figure controverse e che sembrano richiamare traumi infantili della stessa Jennifer.
La controversia di Rule of Rose, insita nella trama, è riuscita persino a fuoriuscire e impattare la critica e il giornalismo: il gioco di Punchline è stato al centro di un vero e proprio astio mediatico a causa della sua “violenza psicologica” e degli apparenti riferimenti a sadismo, violenza sessuale e pedofilia… riferimenti poi smentiti, generati da accuse infondate, ma comunque rimasti attaccati al gioco fino ai giorni nostri.
Quello che ci resta, in via concreta, è un gioco dalla trama cupa e al tempo stesso “favolistica”, con rime e canzoncine sufficientemente inquietanti da generare in noi una tensione che viene incrementata da un sistema di gioco certamente legnoso, persino per il tempo: i comandi di Rule of Rose sono un piccolo inferno in Terra e la difficoltà di controllo viene incrementata dagli scarsi mezzi di difesa della povera Jennifer, che all’inizio “combatte” con una forchetta, per intenderci!
Benedetto sia sempre il cane, capace opporsi al nemico di turno e di aiutarci a completare le prove dalle quali dipende la nostra stessa sopravvivenza, ma soprattutto unico amico in una storia che non ha nulla di piacevole e confortante.
Concludendo, il motivo per cui in una notte all’insegna dell’orrore io vi consiglio di recuperare Rule of Rose, è perché non c’è orrore più grande di quello che la nostra stessa mente può generare: quel tipo di inquietudine che colpisce tutti, grandi e piccini, quel brivido freddo lungo la schiena che ci fa comprendere che si sta andando oltre all’inseguitore o alla minaccia fisica: si entra nel magico e tremendo mondo della “minaccia della mente”, quella da cui è così tanto difficile scappare, quella che Rule of Rose fa sua nel tentativo di risultare unico ed indimenticabile… riuscendoci.
Scelto per voi da: Valentina Malara
Dead Space (2008)
Dead Space è stato, fin dalla sua uscita, un titolo molto interessante ed altamente traumatico per tanti, me compreso! Il gioco, uscito nel 2008 e sviluppato da Visceral Games, è stato ed è ancora, ad opinione mia, una delle opere meglio riuscite nel mondo dei videogiochi horror degli ultimi anni.
Il comparto audio e quello visivo sono meravigliosamente terrorizzanti e grazie ad essi riusciamo ad immedesimarci nel nostro caro quanto sciagurato ingegnere: Isaac Clarke. Isaac è costretto a girare negli stretti corridoi della Ishimura che, a causa di svariati guasti, sono dominati dall’oscurità. Purtroppo per noi giocatori e per il nostro povero ingegnere, il buio è l’ultimo dei problemi, poiché la nave su cui ci troviamo è popolata da creature orribili: sfiderei chiunque a non spaventarsi nel vedere, per la prima volta, i terrificanti Necromorfi!
Il nostro primo incontro con questi esseri è altamente inaspettato quanto traumatico, anche perché per i primi minuti siamo completamente incapaci di combattere: la soluzione? Correre il più velocemente possibile non guardandosi mai indietro! Per tutto il tempo del nostro viaggio, pregno di terrore e tensione costanti, veniamo attraversati da una sensazione di ansia perenne perché siamo consapevoli che in qualsiasi momento e luogo potremmo essere assaliti dai Necromorfi.
Una tecnica per disfarci velocemente di questi orridi alieni ci viene suggerita dal gioco stesso: il modo più veloce per ucciderli è mirare agli arti per smembrarli! Utilizzare questo metodo torna di vitale importanza per la nostra sopravvivenza sulla nave, in quanto sparare alle braccia ed alle gambe dei mostri ne causa una morte veloce ed un consistente risparmio delle risorse a nostra disposizione.
Con l’avanzare della storia, Isaac riesce a recuperare un dignitoso arsenale di armi diverse tra loro e tutte hanno la possibilità di essere potenziate grazie alle sue capacità di ingegnere. Oltre alle armi, è possibile modificare anche la tuta del nostro protagonista, sia dal punto di vista estetico sia per quanto riguarda le statistiche.
Detto questo, non mi sento di aggiungere altro per paura di poter rovinare la vostra terrificante esperienza con questo meraviglioso titolo horror.
Divertitevi e buon smembramento a tutti!
Scelto per voi da: Gianluca Enzo Mercuri Vajola
Remothered: Tormenthed Fathers (2018)
Ad Halloween ci vuole un titolo particolare, un titolo che giocandolo vi faccia pensare: “ma chi me l’ha fatto fare!”.
Volete sapere quale dovreste giocare secondo me? Un titolo italiano di un team indipendente che ha fatto, a mio parere, la differenza.
Avete presente quando beccate per la prima volta dopo tanto tempo il film horror che vi tiene incollati al divano, tirati come corde di violino, con l’ansia e la tensione a mille, perché sapete che sta per succedere qualcosa e sapete che vi prenderà un coccolone? Ecco questo è Remothered: Tormented Fathers, titolo italiano dei Stormind Games e Darryl Arts che hanno curato in maniera maniacale proprio tutto, fin dal luogo in cui si svolge tutta la storia, ossia la villa che si ispira alle tipiche ville siciliane del ‘900 dove abita l’eccentrico protagonista della storia, il signor Richard Felton.
Remothered Tormented Fathers mi è piaciuto perché ha saputo tenere alta la tensione per tutta la durata del gioco, capace di catturare sin da subito grazie all’atmosfera molto curata e alle dinamiche di gioco che riportano alla mente titoli come Resident Evil o film come Rosemary’s Baby, al quale vi sono espliciti riferimenti.
Di grande impatto emotivo la colonna sonora, a dir poco stupenda, e sicuramente azzeccatissimi gli effetti sonori: questo è un gioco che dovete assolutamente giocare con delle buone cuffie, perché vi assicuro che quello che sentirete contribuirà moltissimo ad alzare la tensione che fin da subito percepirete per la situazione e l’ambientazione cupa della villa.
Infine, è un titolo italiano, motivo per il quale sono stata particolarmente fiera di poterlo giocare, portandolo su piattaforme come Twitch e recentemente sul mio canale YouTube.
Ve lo consiglio spassionatamente se volete passare un Halloween ricco di suspence, tensione e colpi di scena che vi lasceranno senza parole fino all’ultimo.
Scelto per voi da: Alessia Lara Padawan
Vota o Commenta