Resident Evil 3 – Recensione – PC, PS4, Xbox One

Resident Evil 3 – Recensione di Pietro “OnlyApples” La Selva

Grazie a Capcom siamo riusciti a mettere le mani su una copia PC di questo remake di Resident Evil 3… Ecco la nostra recensione completa del titolo!

                                               

In quella che è possibile definire la generazione con più remake e remastered della storia videoludica, tale operazione di rifacimento è stata svolta dalle software house principalmente in due modi: il primo è quello del classico restyling grafico in scala 1:1, mentre il secondo, decisamente più ambizioso e dal respiro artistico più ampio, è quello che Capcom ha elevato a nuovi livelli col remake di Resident Evil 2, un totale riammodernamento di trama, personaggi e meccaniche di gioco, capace allo stesso tempo di essere coerente con l’opera originale.

A quasi un anno esatto di distanza esce, carico di aspettative e quasi con una premeditata scontatezza, anche il remake del terzo capitolo della storica saga zombie, con l’arduo compito di riuscire perlomeno ad eguagliare un livello qualitativo davvero elevato.

Resident Evil 3 – Racoon City, 21 anni dopo

La parte iniziale di Resident Evil 3 è quasi una vera e propria compilation autocitazionistica, un rullino di nostalgiche sequenze che parte con un gradito ritorno delle intro cinematografiche girate con attori veri, un qualcosa che non si vedeva all’interno della saga da ormai diversi anni.

Frame di una riottosa Raccoon City in fiamme si alternano a pubblicità distopiche della Umbrella, in un vortice di dejà vu che termina con quattro uomini in tuta gialla che, sulla cima di un grattacielo, caricano all’interno di un elicottero una misteriosa arma biologica pronta per essere sganciata in città: il Nemesis.

Nello stesso istante, all’interno di un appartamento dentro una delle più classiche palazzine composta di mattoni color porpora, una misteriosamente silenziosa Jill Valentine (membro della squadra S.T.A.R.S. sopravvissuta all’incidente della villa Spencer) si sveglia nel cuore della notte per andare in bagno, dando via ad una sequenza in prima persona da poter mentalmente registrare in due modi: come un candido tributo al riuscitissimo esperimento di Resident Evil 7, o come una dichiarazione d’intenti di Capcom di non voler abbandonare del tutto quella strada.

Giunti nella toilette, attratta dal rumore dello scrosciare dell’acqua, macabre visioni di istantanee mutazioni a livello genetico del proprio corpo saranno solo l’amaro antipasto dell’incubo che costringerà Jill a scappare per le strade della città, continuamente alla ricerca del prossimo rifugio in cui sentirsi al sicuro, almeno per qualche minuto.

Un incubo che la porterà a conoscere anche Carlos Oliveira, membro della sicurezza armata della Umbrella e nostro principale comprimario all’interno della campagna single player di Resident Evil 3.

Un comprimario le cui vicende, esattamente come nell’originale, saranno legate alle nostre in modo diretto, al contrario del supporto quasi limitato ad un livello umorale che andava semplicemente a condire le vicende dei protagonisti del secondo capitolo.

Assieme al suo nuovo e decisamente inaspettato compagno di avventure, quindi, Jill dovrà cercare di sopravvivere al Nemesis scoprendone origini ed intenzioni, ed allo stesso tempo riavviare il sistema ferroviario per evacuare un treno pieno di civili.

Chiariamoci, come da tradizione il comparto narrativo di Resident Evil 3 non spicca per originalità né per imprevedibilità, e tra l’altro esattamente, come nell’originale, come atmosfere ci troviamo decisamente di fronte al capitolo meno horror della prima trilogia. Qui le tematiche delle mega-corporazioni malvagie e dei loro esperimenti nascosti in piena vista riemergono con prepotenza, lasciando presto da parte quasi ogni elemento claustrofobico ed angosciante (che dovrete invece andarvi a cercare nelle location cervellotiche ed intricate dei capitoli precedenti), dando così vita ad un videogioco pienamente intinto in un bipolarismo che si alterna tra atmosfere Romeriane in piena regola in cui premere ripetutamente il grilletto per affrontare foltissimi gruppi di “zombie base”, ed elementi thriller à la Predator in cui scappare da un Nemesis agguerrito ed a tratti inarrestabile sarà (quasi) la nostra unica speranza.

L’atmosfera generale di Resident Evil 3 incassa pienamente il duro colpo assestato dalla mancanza di una location unica ed iconica con una “semplice” ricreazione storica delle metropoli americane semplicemente perfetta, e rendendo emblematica la città stessa. Sì, si parla di ricreazione storica in quanto questo remake è ambientato, esattamente come il suo progenitore, nel 1998.

La Raccoon City modellata dal team di Capcom brulica infatti di non morti, ma ci fa anche intuire in tutti i modi possibili che una volta  tra le medesime strade regnava la vita. Le insegne al neon svettano dietro ogni angolo delle stradine, proiettando ombre che il nostro cervello leggerà spesso come pericolo imminente, e che solo in un secondo momento si riveleranno spesso essere un semplice effetto ottico.

Gli interni degli edifici, tra tavole calde, negozi di giocattoli a tema, risultano realistici e “vissuti” in modo tangibile. Le vetrine dei negozi, in qualche modo, ci comunicano ancora una situazione pre-pandemica, giocando con la nostra psiche e creando in noi un effetto nostalgia di un posto nel quale, però, non siamo mai effettivamente stati in passato (noi videogiocatori, al contrario di Jill).

Imbattendoci nel cadavere di una donna morta seduta ad un ristorante, infatti, guideremo quasi automaticamente il nostro sguardo per terra, dove inesorabilmente troveremo tutto ciò che avrà rovesciato nei suoi ultimi atti di vita.

Allo stesso modo, all’interno dello Spencer Memorial Hospital, saranno gli zombie stessi a raccontarci una diversificazione sociale in base al loro abbigliamento, dividendosi tra infermieri, dottori in camice bianco e pazienti.

Tutto questo è possibile grazie al RE Engine, che si mostra in forma ancora più smagliante in questo remake. Se nel secondo capitolo l’atmosfera era già buona, grazie ad un’ottima e netta scissione tra oscurità e luce, qui le due sembrano rispettarsi di più, lasciando diversi gradi di sfumatura tra loro, componendo un mosaico fotografico ancora più realistico e convincente.

Il pulviscolo ed i fumi provenienti dai tombini vanno ad unirsi alla perfezione, quasi come nel Batman di Tim Burton, ed il neon sembra avvolgerci a 360 gradi rimbalzando su ogni pozzanghera e finestra nelle vicinanze grazie agli ottimi riflessi.

Resident Evil 3 – Toccata e (soprattutto) fuga

La post-apocalisse immediata, chiamiamola così, ci vibrerà dentro per quasi tutta la durata della campagna principale, non di certo una campionessa di durata a dirla tutta, ma che si assesta su un livello comunque sufficiente, ovvero dalle 5 alle 6 ore circa, sfiorando forse le 7 per i giocatori più cauti e riflessivi.

Come già detto, in modo identico all’originale RE3 per PSX, stavolta la campagna è singola e lo screentime vedrà alternarsi Jill e Carlos grazie a dei cambi di prospettiva obbligatori e guidati dalla narrativa.

I due personaggi hanno delle proprie peculiarità, come oggetti, abilità ed armi uniche.

Carlos, ad esempio, disporrà di un potente fucile d’assalto con cui potrà sia sfoltire velocemente le orde di zombie che stanare aggressivamente i mostri di taglia più grossa.

Jill, dal canto suo, disporrà di armi più lente ma potenti, come un lanciagranate e la classica Lightning Hawk, pistola di grosso calibro simile alla Desert Eagle. L’agente della S.T.A.R.S. disporrà inoltre di un oggetto unico, ovvero il grimaldello, con cui aprire diverse porte che sembravano apparentemente inaccessibili ad un primo passaggio dell’area con Carlos.

Ciò che differenzia principalmente i due personaggi a livello di gameplay, però, è la loro abilità unica attivabile con la pressione del tasto R1.

Jill, in quanto agente altamente addestrata della polizia, dispone infatti di un’agile schivata da poter effettuare in qualsiasi direzione, utile sia per sfuggire in situazioni in cui ci ritroveremo spalle al muro che durante le bossfight.

Con Carlos potremo invece sferrare un potente attacco corpo a corpo, una vera e propria specie di super-pugno, che andrà a stordire temporaneamente un nemico in modo da permetterci di sfuggirgli o di attaccarlo con veemenza.

Se eseguite col giusto tempismo, inoltre, entrambe le abilità subiranno un ulteriore potenziamento che ci semplificherà ulteriormente la vita, permettendoci ad esempio di stendere un avversario per un certo periodo o di attivare un breve slow motion per mirare con più precisione.

Resident Evil 3 – L’acqua alla gola

Tornando sul versante narrativo della produzione, è evidente come il compito che il team di Capcom si era prefissato di portare a termine fosse quantomeno complicato; un gomitolo nel quale districarsi e trovare l’orientamento sarebbe stato complesso per chiunque.

Questo capitolo era infatti da trattare in modo delicato per i più disparati motivi, partendo ad esempio dal livello di affetto che i fan della serie provano per l’opera originale. Proprio per questo alcune scelte a dir poco drastiche risultano quasi incomprensibili, contrastandone inesorabilmente altre che invece sono gradevoli e funzionali.

Ma andiamo con ordine, togliendoci istantaneamente il dente avvelenato: la rimozione totale della torre dell’orologio (sebbene sia visibile più volte, da lontano, durante la partita) e del Raccoon Park saranno un colpo durissimo per molti, quasi una pugnalata imperdonabile che ne impedirà l’acquisto a priori; e da un lato li comprendiamo, trattandosi in fondo di un prodotto venduto e pubblicizzato come un remake.

E’ davvero un peccato pensare che non rivedremo mai tali location iconiche riprodotte con il RE Engine, al netto di una Capcom che potrebbe uscirsene con imprevedibili sorprese per quanto riguarda i prossimi capitoli.

Dall’altro lato però non si può nemmeno sorvolare sull’egregio lavoro svolto con altre ambientazioni come le già citata suburbia di Raccoon City e la zona dello Spencer Memorial Hospital, probabilmente la sezione del gioco meglio riuscita e, rispetto all’originale, rimodellata ed estesa.

Allo stesso identico modo, degno di plauso è anche l’impegno profuso per collegare narrativamente il prequel dell’anno scorso con questo terzo capitolo, che ad un certo punto si incontrano in un modo molto più convincente e tangibile rispetto alla trilogia originale.

Inoltre, cercando di essere il più spoiler-free possibile, sappiate che durante la storia sarà possibile carpire informazioni su tematiche ed avvenimenti riguardanti altri capitoli della saga, reinterpretati o a volte addirittura spiegati/approfonditi per la prima volta in assoluto.

Avremo, ad esempio, un’animazione apposita per la rimozione dello status di avvelenamento (qui chiamata Parassiti) in cui Jill si metterà a vomitare dopo aver ingerito erbe medicinali. Si tratta per lo più di dettagli o di quelle che erano considerate leggere incoerenze della lore, ma non abbiamo dubbi che ai fan più affezionati sorgerà un sorriso beffardo sulle labbra più volte.

E’ quindi possibile che parte dei tagli applicati al gioco derivi dalla mancanza di un tempo di sviluppo adeguato? Assolutamente sì, un anno è un periodo davvero breve per lo sviluppo di un gioco e l’aver raggiunto un tale livello di minuzia nei dettagli è comunque sorprendente.

Questo non giustifica però appieno il publisher nipponico, in quanto per fornire un remake ancora più fedele si sarebbe dovuta privare della serializzazione annuale della saga per fornire il tempo necessario agli sviluppatori.

Si è trattata però, allo stesso tempo, anche di una serie di scelte del team di sviluppo, che ha preferito concentrare le proprie forze su altro, su elementi nuovi, volendo anche più pressanti e interessanti soprattutto per il pubblico moderno.

Resident Evil 3 – Cara, vecchia, apocalisse…

Una volta spurgate dall’analisi le più o meno perdonabili divergenze narrative di questo remake, ciò che ci rimarrà in mano sarà un’avventura survival horror con tutti i macabri crismi del caso, un’esperienza capace di catturarci, farci sentire sul filo del rasoio ed in piccole occasioni anche di toccarci un po’ il cuore.

Una volta capitombolati nelle strade di Raccoon City, infatti, ci accorgeremo presto di come il ritmo più snello e lineare del gameplay adottato da Capcom per questo capitolo sia totalmente in linea con la propria filosofia ed identità.

La prima zona di Resident Evil 3 gode di un level design veramente curato, un perfetto equilibrio di esplorazione, backtracking ed azione. Le ampie boulevard si diramano in viuzze più strette come un sistema cardiocircolatorio, e si riconnettono tra loro attraverso edifici esplorabili, tetti, scale antincendio, eccetera.

Non si tratta di una zona mastodontica, parliamo sempre di un’area più o meno contenuta, nella quale però passeremo diverso tempo, percorrendola più volte con magari un nuovo oggetto chiave che ci permetterà di aprire quella porta, di risolvere quell’altro enigma o di ottenere una nuova arma. Spesso e volentieri potremo decidere molto liberamente come affrontare le diverse minacce, se eliminarle, stordirle o evitarle del tutto usando le abilità dei personaggi.

Con l’andare avanti dell’avventura, però, alcune delle altre aree non dimostrano altrettanta cura maniacale, pur rimanendo godibili e scorrevoli. Le diramazioni andranno sempre più diradandosi, spesso scadendo in bivi in cui imboccare prima la strada A, prendere un oggetto per poi tornare indietro e virare su quella B.

La diversità delle situazioni in cui ci ritroveremo, inoltre, calerà vertiginosamente, con jumpscare spesso molto simili tra loro e corridoi pieni di nemici che potremo solo falcidiare spietatamente, così come gli enigmi diminuiranno continuamente e saranno sempre più elementari. Il gioco stesso suggerirà un approccio più bellico cominciando a rifornire il giocatore con una grande varietà di proiettili, esplosivi ed oggetti curativi.

La difficoltà di Resident Evil 3 è, in generale, notevolmente inferiore a quella del 2, tanto che a modalità Estrema sono stati rimossi i nastri limitati per effettuare i salvataggi.

In quest’ottica, anche la lodevole varietà di nemici che il titolo presenta ne fuoriesce un po’ sprecata e fine a sé stessa.

La presenza di un particolare tipo di nemici è spesso limitata ad una singola area del gioco, solo per poi venire quasi del tutto abbandonati e dimenticati.

Prendiamo ad esempio il caso specifico degli Hunter di tipo Gamma, che ritroveremo in enormi quantità solo nella zona delle fogne, un po’ come se gli sviluppatori ne avessero inseriti abbastanza per tutto il gioco solo per poi dimenticarsi di distribuirli equamente. Inoltre, il metodo per eliminare le nuove minacce è spesso semplicistico, trattandosi per la maggiore di minacce semplicemente più resistenti o con punti deboli molto evidenti.

Ciononostante, il gameplay alla base del gioco risulta ancora insindacabilmente funzionante e la sua granitica solidità è rimasta intatta; semplicemente non viene sfruttata al meglio, a causa di un inadeguato bilanciamento di nemici e meccaniche nonché di qualche semplificazione di troppo in favore dell’azione e della frenesia.

Il sistema di shooting è ancora egregio, così come il feeling e gli effetti sonori delle armi: il tutto ci permetterà ulteriormente di immergerci nell’inferno di Raccoon City.

Mandare k.o. gruppi di zombie e nemici vari con le minori risorse possibili dona ancora una gratificazione esaltante, e questo è ora più semplice grazie alla presenza strategica di barili esplosivi e generatori che folgoreranno i non morti, immobilizzandoli.

La gestione di un inventario limitato ci porrà ancora di fronte a delle scelte complesse, come in qualsiasi survival horror che si rispetti. Resident Evil e la sua atmosfera teatralmente macabra sono ancora tra noi, tra un adagio fatto di esplorazione ed un allegro a ritmo di piombo.

Resident Evil 3 – Straight outta Raccoon

I motivi della nostra fuga da Raccoon City hanno però un volto iconico, probabilmente il più iconico della serie, stampatosi nella memoria di ogni videogiocatore che abbia anche solo guardato la copertina del videogioco del 1999.

Parliamo ovviamente del Nemesis, una vera e propria arma biologica bipede ed umanoide, dall’intelletto sviluppato e programmata con un unico istinto primordiale: eliminare gli agenti S.T.A.R.S. e chiunque gli si parerà davanti per impedirglielo.

Esteticamente parlando il lavoro svolto non è solo rispettoso verso l’originale, ma riesce, se possibile, persino a migliorare la sua figura ed iconicità.

Il modello 3D della nemesi definitiva è ricchissimo di dettagli, e sarà possibile vedere l’involucro di nastro nero in cui è contenuto lacerarsi sempre di più con l’avanzare della trama, sia per le svariate esplosioni alle quali non mancheremo di sottoporlo, sia per la crescita della sua stessa massa corporea.

Il Nemesis infatti si evolverà più volte, mutando la sua forma in modi sempre più viscerali e bestiali e chiaramente incrementando la propria letalità.

Ognuna di queste trasformazioni è curata e modellata in modo certosino, con un proprio comparto di animazioni unico e realistico. Dai muscoli e tendini strappati alle zanne e unghie affilate e scintillanti, tutto nella creatura comunica un’indomabile fisicità con una potenza raramente vista prima d’ora.

Ludicamente parlando, il Nemesis propone una buona varietà di situazioni. Rispetto all’originale, sono state tolte le doppie scelte da effettuare in determinati momenti dell’avventura, e questo non è di per sé un male, dato che il giocatore potrà semplicemente e liberamente decidere se combatterlo o giocare “ad acchiapparella” con lui, sfuggendogli e rifugiandosi quando necessario in una delle safe room sparse per la mappa, il tutto senza soluzione di continuità.

Il vero problema è che di queste fasi di scontro “libero” ve ne è solo una manciata nella prima parte della campagna, poi il tutto si limiterà a degli inseguimenti, spesso anche parecchio scriptati, in cui comunque potremo, ovviamente, danneggiare la creatura malefica.

Combatterlo, come da tradizione, ci fornirà ricompense di vario tipo. Arrecandogli abbastanza danno, infatti, il Nemesis entrerà in una fase di “meditazione” nella quale rimarrà fino alla totale ripresa delle proprie forze, lasciando allo stesso tempo una cassa con dentro, spesso e volentieri, una bella sorpresa, altre volte invece munizioni e rifornimenti vari, ma da questo punto di vista vi lasciamo il piacere della scoperta.

E’ bene notare che sarà possibile ottenere una sola “ricompensa” per ogni scontro con la temibile mostruosità, e non sarà possibile quindi farmare i suoi drop all’infinito.

In conclusione, le svariate bossfight contro di lui risultano varie e divertenti. Forse, da una parte, la forma della semplice arena circolare viene riproposta troppe volte, ma in ogni occasione lo stratagemma da utilizzare per arrecare velocemente danno al Nemesis sarà diverso e non troppo scontato, come da tradizione per le bossfight di Resident Evil.

 

Il suo vero nome è Pietro, è del '94 ed è appassionato di videogiochi e di altre forme di intrattenimento, come film e libri, soprattutto a tema fantascientifico. Insomma, il classico nerd ma senza il QI sopra la media. Si nutre di mele pixellose quasi ogni giorno, che di certo non gli levano il medico di torno.