Toy Story 4 – Un amico in me – Recensione (2019)

Toy Story 4 – recensione di Edoardo “Edux” Babbini

Toy Story non è una saga cinematografica. Toy Story è la nostra infanzia. Toy Story è la nostra adolescenza. Toy Story è la nostra adulta spensieratezza. Chiunque ha visto il cuore rapirsi dai balocchi Pixar senza potersi opporre. Abbiamo riso e abbiamo pianto vagone dopo vagone di un treno apparentemente privo di meta. E invece, alla fine, questa meta è arrivata. Che questa sia davvero l’ultima fermata nel regno dei balocchi non ne abbiamo la certezza, ma se così fosse, è stato un viaggio indimenticabile.

Toy Story 4 – Recensione –  La Bambina, lo Sceriffo e la Forchetta

L’ultimo atto dei nostri amati giocattoli comincia, come sempre, in una cameretta. Questa volta però il padrone di casa non è Andy, ma Bonnie, una bambina fantasiosa, spensierata e terrorizzata dall’inizio della scuola materna. Durante una giornata di orientamento scolastico Bonnie, per superare la sua paura, crea Forky, un giocattolo fatto di spazzatura. Il neonato prende però vita e Woody, vedendo in lui la chiave per la felicità della bambina, dovrà prima convincerlo della sua natura e poi, in un rocambolesco viaggio, riportarlo nelle mani della sua creatrice. 

Se la struttura narrativa prende piede dalle medesime premesse dei primi due capitoli lo svolgimento si distanzia sia nelle tematiche sia nello sviluppo vero e proprio. L’incontro con nuovi giocattoli e il ritorno di vecchi amori come Bo Beep porteranno Woody, Buzz e i loro amici a dubitare di se stessi e delle loro ragioni di vita. Il microcosmo che li circondava si espande e rivela le pieghe di una realtà ritenuta ormai solida e incrollabile.

Il ritorno al viaggio messo in scena da Josh Cooley si dimostra quindi pregno di originalità e dotato di forte identità. I canoni classici dei primi due capitoli non sono sicuramente stravolti come nel terzo ma ricomposti in un tassello unico e ben distinto. Il film non risulta mai derivativo o ripetitivo e sorprenderà a più riprese lo spettatore; adulto o infante che sia.

Toy Story 4 – Giocattoli smarriti…

Le tematiche affrontate dalla pellicola sono molteplici e variegate ma una di esse emerge come filo conduttore: lo smarrimento. I protagonisti si trovano infatti fisicamente ed emotivamente smarriti. La ricerca di Bonnie risulta quindi il mero espediente narrativo per mettere su schermo una ricerca del proprio scopo. La fedeltà indiscussa al proprio bambino sembra crollare sotto i piedi di Woody e l’incertezza di Buzz si riversa in un esilarante sottomissione alla sua “voce interiore“, ovvero le frasi preimpostate del giocattolo.

Tutti i nuovi arrivati, come ad esempio Duke Caboom, Gabby Gabby e Forky nascondono un’intima e malinconica fragilità. Sono giocattoli soli, privi di uno scopo o incapaci di raggiungerlo. Ai balocchi non basta più trovare un bambino per essere felici, ma devono realizzarsi in quanto creature “viventi“. Hanno dubbi, paure e cicatrici difficili da guarire. E sarà proprio l’incontro dei queste debolezze con le apparenti sicurezze dei personaggi storici a generare in tutti loro una definitiva presa di coscienza.

Con Toy Story 4 lo spettatore si trova quindi ad osservare personaggi fragili e dubitanti. I ruoli apparentemente consolidatisi sono messi in discussione e in molti casi irrecuperabili. I caratteri che conoscevamo sono destinati a mutare e a rinnovarsi. Il lavoro di scrittura è notevole ed emerge in alcune delle caratterizzazioni più profonde, interessanti e mature viste fino ad ora nella saga.

Toy Story 4 – La fragilità dei ruoli

Dalle incertezze dei protagonisti maschili la Pixar fa fiorire la forza delle sue eroine Bo Beep e Jessie. Seppur non entrambi dotati del medesimo minutaggio, questi ribaltamenti vengono proposti allo spettatore con naturalezza e compatezza. Il messaggio è infatti chiaro e lo studio statunitense vuole seguire la sua strada senza compromessi. La cowgirl di pezza è destinata ad essere il nuovo giocattolo preferito di Bonnie e la pastorella in porcellana un’impavida guerriera.

Abbandonata su uno scaffale Bo Beep decide di prendere in mano la sua vita e dedicarsi a se stessa e agli altri. Ogni giorno che passa rafforza la propria idea di giocattolo indipendente e al servizio dei giocattoli stessi. Non deve e non vuole accontentare un bambino e chiudersi in una camera sarebbe un tragico fallimento. Lei adesso è libera e nella sua libertà non vede, a differenza di Woody, un essersi smarrita, ma l’aver trovato il proprio io. 

Differente invece il percorso di Jessie che, divenuta ormai il nuovo sceriffo nell’universo giocoso di Bonnie, deve consolidare il suo ruolo di guida del gruppo che abbiamo imparato ad amare negli anni. Buzz e Woody rimangono quindi in primo piano nella narrazione ma nelle dinamiche tra personaggi vengono profondamente ridimensionati e saggiamente depotenziati. Unico difetto il davvero scarso tempo dedicato al personaggio di Jessie.

Toy Story 4 – Un film multigenerazionale

La maturità tematico-narrativa del film Pixar è, come i loro lavori migliori, presentata con la solita sfumatura multigenerazionale. Il film riesce a parlare sia ai bambini sia agli adulti e intrattiene facilmente i ragazzini in piena pubertà. Un ritmo serrato, scene d’azione magistralmente dirette e un umorismo con picchi molto scuri e adulti riescono a rapire chiunque. Si ride, ci si stupisce e ci si incupisce in un racconto portato a compimento magistralmente. Ogni scena parla all’interezza del suo pubblico e non ne sacrifica nessuno in favore di un altro.

La qualità dell’animazione è da mozzare il fiato e il realismo donato da ogni elemento in scena è sorprendente. La fotografia calda e la colonna sonora agrodolce accompagnano una regia e un montaggio privi di difetti e pregni di virtuosismi. Questo allegro quadretto è però capace di trasformarsi in un secondo in un affresco buio, pauroso e inquieto. Il regista non ha timore nel mostrare al pubblico più giovane sequenze mature ma anzi, lo accompagna in un viaggio dove è lecito e doveroso spaventarsi.

Il film però ha anche dei difetti. La presenza di troppi personaggi a fronte di una durata non sufficiente per dare spazio a tutti comporta l’inutilità o la banalizzazione della maggior parte dei comprimari.  Un secondo problema è poi una snodo finale di trama troppo forzato dove la sospensione dell’incredulità si incrina. I giocattoli compiono azioni assurde ed esagerate e qualche leggera semplificazione avrebbe potuto rendere il tutto più omogeneo.

Toy Story 4 – Recensione – Lacrime

Quindi sì, in conclusione si può affermare tranquillamente che Toy Story 4 sia un grande centro di Pixar e uno dei film migliori tra le loro ultime produzioni. Si percepisce la voglia di crescere ed evolversi di uno studio dalla carriera ventennale e allo stesso tempo si osserva un malinconico attaccamento ai fasti del passato. Il film confezionato è un’opera divertente, malinconica, profonda e amorevole. Accarezza il pubblico e si adagia dolcemente sul suo cuore.

L’ultima avventura dei nostri giocattoli animati preferiti arriva dritto allo stomaco e travolge l’emotività di ciascuno di noi. Fa rivivere la propria infanzia e fa pensare ai momenti passati con personaggi quali Woody, Buzz, Jessie e tutti gli altri. Avremo sempre un amico in quei simpatici pupazzi perchè siamo cresciuti con e come loro. Non è facile arrivare ai titoli di coda senza piangere o intristirsi al pensiero che questa volta potrebbe essere finita sul serio.

La saga di Toy Story con questo quarto capitolo si trasforma e diventa una calda coperta dove avvolgersi per sentirsi al sicuro. Le nostre certezze sono fragili ma i ricordi no. Quale sia la loro natura non importa, perchè essi saranno sempre li per noi col nostro nome scritto sotto il piede destro.

 

Studente di Giurisprudenza e appassionato di cinema, letteratura, videogiochi, fumetti e serie televisive. Le ore che non passa a studiare o interagire con gli altri esseri umani le passa ad approfondire nel modo più completo e approfondito le sue passioni. Il suo motto: “A ogni epoca la sua arte, all'arte la sua libertà”!