John Wick (2014) – Un cane per salvarci tutti – Recensione

John Wick – recensione di Edoardo “Edux” Babbini

Il cinema d’azione è un caposaldo della settima arte. Qualunque regista nella vita ha dovuto girare un inseguimento, una sparatoria o una scazzottata. Vi sono generi fondati su di essa e generi che ne sono stati contaminati. La decadenza anni ’90 e ’00 del genere non è quindi solo un affare dei suoi amanti, ma di tutti gli appassionati del cinema. Perdere il cinema action occidentale non equivale a liberarsi di un qualcosa di minore, ma rinunciare a un importante tassello della cinematografia. Che John Wick sia un grande film è una fortuna che colpisce qualunque spettatore e nelle prossime righe capirete il perché.

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John Wick – I Cani non si toccano

La storia di vendetta imbastita da Chad Stahelski e David Leitch è di una semplicità disarmante: un uomo si trova a sprofondare nel dolore in seguito alla perdita della moglie che, consapevole di come avrebbe reagito l’amato, gli fa recapitare un cucciolo di cane con la richiesta che se ne prenda cura. Una notte però quattro ragazzi entreranno nella casa di John Wick (Keanu Reeves) intenzionati a rubare la sua Ford Mustang Mach 1 del ’69 e nel farlo uccideranno anche il cagnolino. Non sanno però che con le loro azioni hanno costretto il più abile sicario vivente a tornare a fare ciò che sa fare meglio, uccidere.

Il film diventa quindi una storia di vendetta nuda e cruda svuotata da ogni giudizio etico-morale sulla giustizia privata poiché inserita in un contesto totalmente surreale. La veridicità a schermo la si cerca, seppur la spettacolarità regni sovrana, nei movimenti dei corpi e non nella narrazione. Wick si muoverà infatti in un mondo che sembra uscito dalle pagine di un fumetto dove vigono regole a noi sconosciute. Si parlerà quindi di organizzazioni segrete tra bande criminali, hotel che fungono da porti franchi, codici di condotta folli e personaggi sopra le righe. 

Questa cornice narrativa è però immediata, ben descritta e capace di coinvolgere lo spettatore. Sarà subito chiaro che le regole che regnano questo mondo siano altre e capaci di giustificare scelte banali o discutibili se inserite in un contesto con pretese realistiche.

 

John Wick – La Purezza dell’Azione

Avendo quindi ben chiaro quale sia il contesto di tale vendetta è ora di analizzare le forme in cui viene mostrata. John Wick non ha pietà. Si muove in una società composta da criminali o assassini e quindi etnia, sesso e ideologia politica delle vittime, a differenza del cinema d’azione americano tipico degli anni ’80, sono irrilevanti. Chiunque può cadere sotto i colpi del nostro protagonista e le sue azioni non devono portare avanti un velato elogio reazionario della vendetta di privata ma solo una fredda vendetta. Questo si ripercuote positivamente sulla pellicola donandole imprevedibilità, poiché le sorti di ogni personaggio saranno sempre incerte.

A livello di pura tecnica tutto ciò viene messo in scena combinando tecniche del Jiu-Jitsu e del Judo all’addestramento militare nell’uso delle armi. Gli stessi registi hanno infatti dichiarato che avendo pochi giorni per girare avevano bisogno di coreografie semplici, con poco margine di errore per gli attori e assimilabili alle capacità marziali dello stesso Reeves. Il risultato è però interessante poiché risultano spettacolari ma replicabili e Wick non appare mai goffo ma sempre la macchina da guerra descritta. La regia dinamica riesce inoltre a esaltare i movimenti e ili mostra nel loro complesso. Il montaggio velocizza i momenti tra uno scontro e l’altro ma nel momento dell’ingaggio ciò che avviene su schermo è perfettamente comprensibile.

Nonostante l’impianto visivo debba molto a quello anni ’60 e ’70 e l’azione sia figlia della scuola di Hong Kong l’opera non risulta mai derivativa. Kurosawa, Leone o Park Chan-wook non possono non influenzarti in un’opera prima ma si rischia la copiatura. Questo però non succede, infatti c’è la voglia di raccontare un genere provando a dargli freschezza e modernità prevale. John Wick non vuole rinnegare il passato, ma imparare da esso e proporre qualcosa di nuovo. 

John Wick – Tutto il resto conta?

Quando il carisma del protagonista diventa il perno centrale della costruzione si rischia di veder crollare tutto il resto, ma per fortuna ciò non avviene. Premesso che molti approfondimenti avverranno nel sequel e ne parleremo nella recensione dedicata, il mondo e i personaggi attorno a John sono scritti e descritti quanto necessario. Escludendo la carne da macello e i ragazzi oggetto della vendetta, che non sono nulla più che il MacGuffin per far progredire la storia, ci si trova davanti a un villain (Michael Nyqvist), un “nemico/amico” ( Willem Dafoe) e svariati comprimari (Ian Mcshane, Dean Winters, Bridget Moynahan).

Questi personaggi hanno lo scopo di descrivere il mondo in cui ci troviamo. La spietatezza degli altri mercenari deve farci comprendere come Wick non sia un unicum e quindi portarci nella realtà fittizia costruita dai creatori. I membri del Continental servono a mostrarci le regole che permettono di tenere in equilibrio questo mondo nascosto. I “cattivi” devono farci capire la forza inarrestabile del protagonista. I caratteri così precisi non sono però accompagnati da piattezza di scrittura. Vi sarà infatti una progressione dei personaggi, progressione comprensibile solo se riportata nei paletti narrativi esplicitati dai personaggi stessi.

Tutto ciò viene accompagnato da un comparto audio impeccabile e una fotografia degna di nota: si passa da colorazioni al neon molto accese a scene cupe e grigie passando per una colorazione pulita ed elegante nelle scene interne all’hotel. La frenesia dell’azione viene quindi sempre accompagnata da una fotografia inaspettata e una colonna sonora ritmata quanto lo sono le immagini a cui fa da sfondo.

 

John Wick – La Poetica del Piombo

Con questo film si torna finalmente a un cinema d’azione con qualcosa da dire sia sul piano narrativo sia sul piano della messa in scena. Quest’opera prima risulta una boccata d’aria fresca in un panorama action paralizzato da sceneggiature standardizzate, regie mangiate dall’eccessivo montaggio e fotografie monocromatiche. Non si cerca l’incasso sicuro con la classica formula ormai rodata ma si prova a stupire lo spettatore. E a fronte dei 90 milioni di dollari totali incassati a fronte dei 30 spesi si può dire che il pubblico voglia essere colpito da un proiettile diverso dal solito.

Sia chiaro, non si sta parlando de “I Guerrieri della Notte” o altri capolavori dell’action occidentale ma di un film che potrebbe riaccendere la voglia in giovani registi di creare opere che possano raggiungere quel capolavoro di Walter Hill. L’azione è una delle primogenite della settima arte e non è colpa sua se ha perso la strada di casa.

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Studente di Giurisprudenza e appassionato di cinema, letteratura, videogiochi, fumetti e serie televisive. Le ore che non passa a studiare o interagire con gli altri esseri umani le passa ad approfondire nel modo più completo e approfondito le sue passioni. Il suo motto: “A ogni epoca la sua arte, all'arte la sua libertà”!