L.A. Noire – recensione di Valentina “Akemimas”
Il 17 Novembre 2017 è una data importante: sancisce infatti il ritorno su console di attuale generazione di uno dei titoli più discussi e controversi pubblicati da Rockstar, ovvero L.A. Noire. Il lavoro dell’ormai scomparso Team Bondi è stato riadattato per PS4, XBOX ONE e, udite udite, per Nintendo Switch in maniera eccelsa; su quest’ultima versione si basa la nostra recensione di oggi!
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L.A. Noire – La città corrotta
Cole Phelps è un veterano di guerra ormai tornato a casa e, dopo aver tolto la divisa da soldato, ne indossa una da poliziotto per la sezione di Los Angeles.
La nostra storia lo vede scalare lentamente le varie divisioni del dipartimento, tra cui citiamo ad esempio la narcotici e la omicidi, in una lenta ascesa al successo e al riconoscimento delle sue incredibili doti deduttive.
Con un filone principale interessante ed una sotto-trama che si sviluppa tra i vari casi degna di nota, la narrazione di L.A. Noire procede senza intoppi, regalando qualche bella scena e facendo senza dubbio respirare l’aria degli anni 40-50 in America.
Los Angeles è apparentemente il luogo ideale per chi vuole sfondare nel cinema, per chi ricerca la ribalta sociale, ma non è tutto oro ciò che luccica; la città nasconde insidie di ogni genere e scoprirle tutte è davvero un piacere, almeno tanto quanto confrontarsi con i vari personaggi del titolo, alcuni un po’ troppo “caricaturali”, ma in generale ben scritti.
La storia regala qualche imprevisto e mantiene normalmente un buon ritmo, eccezion fatta per una parte centrale forse troppo statica e meno ispirata; tutto sommato la narrazione scivola via tranquillamente ed il giocatore risulta spronato dai vari crimini ad andare avanti per sapere come la storia di Phelps si evolverà.
L.A Noire – Caso dopo caso
Senza dubbio è la parte ludica di L.A Noire ad aver lasciato discutere all’epoca i fan di Rockstar, abituati alla più completa libertà di gioco e ritrovatisi invece fra le mani un titolo diametralmente opposto alla ben più famosa serie di Grand Theft Auto.
L.A Noire si basa, come logico vista la trama, sulla risoluzione dei vari casi appartenenti ai dipartimenti ed è quindi un gioco che segue uno schema standard: giungere sulla scena del crimine, trovare tutti gli indizi, seguire le varie connessioni al caso esplorando luoghi che potrebbero esservi inerenti, interrogare i sospetti ed infine formulare un’accusa per concludere la pratica.
Tutto ciò viene a volte spezzato da delle sessioni più “action”, ovvero inseguimenti a rotta di collo con le automobili dell’epoca, caccia all’uomo sui tetti e fra i quartieri, sparatorie contro interi gruppi ostili e se ciò non bastasse anche fughe da edifici pericolanti! Insomma, tutto procede seguendo un buon ritmo, sebbene, come per la trama, verso metà gioco ci sia un calo qualitativo dovuto ad un gameplay ridondante, che finisce per annoiare.
L’elemento cardine dell’intera produzione è però quello riguardante gli interrogatori, capaci da soli di valere l’intero titolo: le espressioni facciali diversificate assunte dai vari sospetti saranno la chiave per capire se stanno mentendo, dicendo la verità o omettendo qualcosa.
Dovremo prestare attenzione ed analizzare bene chi abbiamo di fronte per scegliere l’opzione giusta e non compiere giudizi errati e probabilmente decisivi per la risoluzione del caso.
Una volta usciti nel mondo di gioco di L.A Noire, la città regala qualche bello scorcio, automobili disseminate per la mappa di gioco, missioni secondarie più o meno similari fra di loro e… nient’altro. Los Angeles è più accessoria che necessaria, creata in stile “open” per non far annoiare il giocatore tra un caso e l’altro ma che non riesce a brillare e a richiamare particolarmente l’attenzione.
L.A Noire – Il grottesco che stupì
Già all’epoca la produzione del Team Bondi aveva stupito soprattutto per la resa delle espressioni facciali in game: i personaggi sembrano saltar fuori dallo schermo con un’espressività realistica ma, forse, un po’ grottesca ed esagerata volutamente. Parliamoci chiaro, chi farebbe tutte quelle smorfie se colpevole?
Tuttavia, ancora oggi il reparto espressivo in L.A Noire strappa dei sorrisi e qualche esclamazione di stupore per la resa che, nonostante gli anni, il gioco ha mantenuto; oltre quello valutiamo positivamente anche l’aspetto visivo generale, riportato in gran forma su Nintendo Switch.
Non mancano degli aspetti negativi, come qualche texture ballerina e degli inspiegabili rallentamenti in sessioni apparentemente non troppo impegnative per la console, ma tutto sommato siamo di fronte ad un ottimo porting.
L’adattamento dei controlli a Switch è poi avvenuto con attenzione, il gioco sfrutta i sensori di movimento e la tecnologia contenuta nei joycon in maniera ottima e, diciamocelo in tutta franchezza, giocarlo in modalità portatile è piacevolissimo vista la formula della produzione.
I doppiatori in lingua originale rendono bene ed i sottotitoli seguono abbastanza fedelmente l’audio, a volte cambiando qualcosina di troppo.
La colonna sonora è adattata al periodo storico, con brani jazz e blues che fanno gioire le orecchie e che risultano riascoltabili anche una volta terminata l’avventura.
L.A Noire – Il prezzo del biglietto
Il difetto principale di L.A Noire è che risulta troppo longevo per la formula di gioco adottata: 20 ore in game, evitando secondarie e quant’altro, risultano esagerate vista la natura “ripetitiva” dei casi e del loro iter.
Tuttavia il titolo, se preso per il verso giusto, è godibilissimo e l’ottima conversione unita alla sua indiscussa qualità come gioco in sé, lo rendono un acquisto obbligato per chi non lo avesse provato all’epoca.
Avrei personalmente mantenuto il prezzo di lancio un po’ più basso, tenendo conto degli anni che il gioco ha sulle spalle, ma sappiamo che mamma Nintendo la pensa diversamente e ha quindi ben pensato di buttarlo sul mercato a 60 euro.
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