State of Decay 2 – recensione di Valerio Vega (versione testata PC)
Undead Labs ritorna con il seguito del suo gioco, con più budget e con il supporto di mamma Microsoft, State of Decay 2 sarà riuscito a mantenere intatto lo stile del suo predecessore? O la fama gli avrà dato alla testa? Cerchiamo di capirlo insieme…
State of Decay 2 – Da un indie ad un quasi tripla A il passo è più breve del previsto…
Correva l’anno 2016, ed era proprio periodo di E3, quando giunse il primo trailer di State of Decay 2… Sembra ieri.
Il primo capitolo era uscito 3 anni prima e fu inizialmente un’esclusiva per l’Xbox 360 di casa Microsoft, per poi approdare in Early Access su Steam ed invadere anche l’universo PC.
Undead Labs dimostrò al mondo di saper creare un Survival Game puro, con un prodotto che forse è ancora oggi il videogioco più rappresentativo di questo genere, rispetto ad ogni altro titolo mai uscito.
Titolo che aveva sfruttato alla grande il boost del successo di The Walking Dead, battendo a mani basse tutti i suoi tie-in videoludici.
Anche questo secondo capitolo è esclusivo per il pubblico Microsoft e può quindi essere giocato su Xbox One o su sistemi Windows per PC. Il rilascio è avvenuto in contemporanea il 22 maggio, e gode del Xbox Play Anywhere, giocabile quindi con un singolo acquisto sia su PC che su Xbox One.
Quello che è cambiato è il budget utilizzato per lo sviluppo del titolo, che in questa sua seconda incarnazione ha potuto beneficiare di un aiuto globale più marcato, soprattutto da Microsoft stessa che ha creduto fermamente nella bontà del progetto, visto anche i sorprendenti risultati del primo capitolo.
Dopo numerose live su Twitch e prove casalinghe siamo qui per analizzare cosa sia cambiato e cosa sia rimasto dello spirito del brand.
State of Decay 2 – Parola d’ordine “non procedere procedurale”!
Vorremmo parlarvi di trama e di storyline, ma dobbiamo cominciare dal dire che una trama vera e propria non esiste.
Appena avviato il gioco infatti, potremo scegliere una delle coppie di sopravvissuti iniziali, generati randomicamente dal gioco ed inizieremo con un breve tutorial, che ci farà capire subito di come la maggior parte delle missioni di gioco saranno totalmente procedurali.
Dobbiamo subito muovere un appunto verso la scelta obbligata da avviare all’inizio, nella scelta del nostro personaggio, in quanto avremmo forse preferito un editor, seppur semplice, che ci permettesse di dare una nostra impronta personale al primo player utilizzato per l’avventura.
Tornando alla trama, possiamo sintetizzare tutto dicendo che ci saranno una serie di obiettivi principali generici, che saranno affiancati da missioni secondarie. L’unione delle due cose determinerà il nostro percorso e le modalità con cui avanzeremo nel gioco.
A differenza di una mappa identica per tutti avremo quindi situazioni diverse negli stessi ed identici punti, con un determinato posto, diciamo per esempio una pompa di benzina, che per noi sarà libera da nemici e pronta per essere setacciata e per altri potrebbe essere occupata da un nutrito gruppo di zombie e così via…
La buona notizia è che chi ha giocato al primo State of Decay si troverà immediatamente a proprio agio con le dinamiche di questo nuovo gioco, mentre chi non lo ha mai giocato correrà il rischio di sottovalutare la componente strategica fondamentale per la buona riuscita delle missioni.
Si perchè a rimanere immutate sono le caratteristiche simil roguelike del gioco, con permadeath in caso di morte del personaggio e game over definitivo in caso di morte di tutti i membri del nostro gruppo di sopravvissuti.
Toccherà tenere sempre in mente una cosa… Bisogna fare poco e farlo bene!
Guai a pensare di poter assecondare il gioco in ogni sua “richiesta”, partendo per una missione a caccia di viveri, per poi fermarsi a salvare qualcuno durante il tragitto, allungarsi un attimo a liberare una casa dagli infetti, fare la spesa e poi portare i giornali allo zio Pino all’accampamento vicino (questa l’abbiamo buttata lì così, giusto per dire… ndr). Più cose aggiungeremo alla nostra “main quest” e più probabilità ci saranno di morire male.
State of Decay 2 – Squadra che vince non si cambia…
A dirla tutta questo secondo episodio è quindi a tutti gli effetti un enorme ampliamento delle caratteristiche che avevano reso celebre il primo capitolo… Con tutto ciò che ne consegue!
Siamo di fronte quindi ad un Action in terza persona, dove assumeremo il ruolo di un superstite, in un America che ci viene riproposta identica, se non peggiorata, rispetto ai fatti del primo capitolo, a distanza di 18 mesi.
Questo farà si che i sopravvissuti rimanenti ed utilizzabili saranno ovviamente già più skillati rispetto a quelli impreparati del primo episodio.
I sopravvissuti, nel tempo, si sono riuniti in diverse piccole comunità, identificate come Enclavi.
Ogni Enclave avrà caratteristiche uniche, sia per quanto riguarda i propri obiettivi, che per quanto riguarda i rapporti con gli altri gruppi di sopravvissuti.
A complicare le cose un tantinello in più sarà la Piaga del Sangue… Giusto per non avere solo problemi sociopolitici.
Questa infezione ha effetti devastanti e trasforma in zombie versione Super Sayan, più famelici, veloci, vispi e cazzuti… Ovviamente starà a noi il compito di debellarla.
Si perchè la piaga è curabile! A patto da allestire un’infermeria e procurarsi gli ingredienti che servono per creare gli antidoti. Inutile dire che uno di questi ingredienti ci porterà a stretto contatto con gli stessi infetti, fino a fare la conoscenza degli Ammassi Infetti! Delle schifosissime melme putrescenti che secernono una fitta nebbia sanguinolenta, che andranno abbattute per bonificare le varie zone di una delle tre grandi mappe di gioco.
Proprio relativamente alla creazione dell’infermeria va fatta notare una cosa molto migliorata rispetto al primo capitolo. Quella dell’implementazione dei campi base.
A differenza del primo capitolo, la gestione della base è ora molto più complessa e permette di creare e migliorare molte strutture.
La già citata infermeria per curare gli alleati colpiti dall’epidemia, la forgia per creare armi corpo a corpo o l’orto, per trasformarci nell’uomo del monte e coltivare patate.
Ad ogni struttura corrisponderà un livello di sviluppo e maggiore sarà tale livello, più sarà indispensabile trovare persone da aggiungere al nostro Enclave con conoscenze specifiche in quel campo, nonchè materiali adatti alla costruzione della struttura stessa.
Il crafting è infatti un elemento molto sviluppato e fondamentale del gioco, che di pari passo rende altrettanto fondamentali le meccaniche di esplorazione e saccheggio delle zone.
State of Decay 2 – Ritenta, sarai più sfortunato…
Come già accennato in precedenza, un approccio strategico sarà fondamentale, proprio alla luce delle numerose meccaniche implementate nel gioco.
In primis toccherà essere strategici nella gestione “social” del nostro Enclave. E’ fondamentale creare armonia in un gruppo, perchè una parola sbagliata al momento sbagliato potrebbe generare un litigio o una rissa, magari attirando l’attenzione di un’orda di zombie, mandando a rotoli ore ed ore di sviluppo, soprattutto ricordando sempre che la morte di un personaggio è permanente, così come la fine di un Enclave.
Questo aspetto della gestione dei rapporti interpersonali rappresenterà una bella sfida, con una marea di elementi esterni che potrebbero causare problemi nel gruppo sarà fondamentale essere dei buoni padri di famiglia… A voi la scelta di come gestire le cose… Se alla Rick o alla Neegan.
Anche liberare dagli zombie i vari edifici non sarà un’attività inutile, anzi! Oltre a permettervi di saccheggiare con maggiore libertà, avrete più scelta nel posizionamento degli avamposti, piazzabili proprio in edifici liberi. Proprio questo è un altro aspetto profondamente strategico del gioco.
Scegliere con cura il posizionamento degli avamposti è di fondamentale importanza. Oltre a dare accesso diretto all’inventario generale, garantiscono dei bonus come quello dei posti letto aggiuntivi e anche una discreta quantità di risorse a cadenza fissa.
Dal punto di vista della logistica anche la scelta del posizionamento e della tipologia del campo base è aspetto importantissimo. Ognuna delle mappe di gioco ci da la possibilità di scegliere diversi luoghi adatti allo scopo, ed ognuno avrà caratteristiche uniche rispetto agli altri.
I luoghi piccoli sono più facilmente difendibili ma meno espandibili, offrendo sicurezza in cambio di arretratezza, mentre campi base più grandi daranno maggiori possibilità di sviluppo, ma aumenteranno i rischi…
Insomma, guai a pensare di avere a che fare con un titolo alla Deadrising… Non ce ne voglia Capcom, ma non siamo di fronte ad un gioco improntato solo sull’azione e sullo sterminio di massa… Piuttosto iniziate a calarvi nei panni di uno stratega ed aguzzate l’ingegno prima di compiere scelte di cui potreste pentirvi amaramente… Non potrete mai ritentare, per essere più fortunati!
State of Decay 2 – Se prima eravamo soli a ballare l’alligalli… Adesso siamo in 2 (o 3, o 4) a ballare l’alligalli…
Fino ad ora abbiamo analizzato soprattutto le implementazioni riuscite, ma di sicuro qualche carenza c’è, e dobbiamo segnalarvela.
In primis, il comparto tecnico che, sebbene vada a migliorare l’esperienza di gioco rispetto al primo capitolo, non convince per nulla.
Frequente il backtracking, discreta mole di glitch e bug grafici sparsi qua e là, non minano l’esperienza di gioco, ma lasciano un pochino l’amaro in bocca.
Secondariamente due cose… Il respawn degli zombie, a volte davvero odioso e il comparto multiplayer.
Si perchè sebbene si stata implementata una coop fino a 4 giocatori possiamo notare alcune importanti limitazioni.
Il gioco da sempre l’impressione di non essere stato concepito come un gioco coop. Non si può infatti apprezzare la modalita che in particolari occasioni.
Solo l’host farà progressi nella propria partita, lasciando ai fidi scudieri soltanto loot e moneta di gioco.
Un’esperienza limitante e limitata, che non invoglia a giocare insieme. Sarebbe stato molto meglio poter creare una partita di gruppo con condivisione dei progressi, delle risorse e delle missioni e forse questa è la cosa che ci ha deluso di più.
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