Triplicity – Recensione – PC

Triplicity – recensione di Vekkio Niubbo

Un Card Game, un Puzzle Game o entrambi? Probabilmente nessuno dei due

Conoscete quella sensazione che si prova quando ci si trova di fronte ad una potenzialità per poi scoprire che non è stata sfruttata? Ecco, probabilmente questo è quanto ho vissuto giocando a Triplicity: un Card Game con inserti di Graphic Puzzle realizzato dalla Conflux Games, che poi in realtà sarebbe l’incarnazione di un unico sviluppatore, Gabe Kanzelmeyer, che lo ha realizzato con una versione Personal di Unity. Il gioco, rilasciato lo scorso 9 Marzo, è disponibile per PC e acquistabile esclusivamente tramite la piattaforma Steam o direttamente dal Sito Web dedicato a 9,99€.

schermata iniziale di Triplicity

Triplicity – Uno sviluppatore Fai da Te

Tutto l’inespresso di questo gioco forse è racchiuso proprio nel fatto che dietro alle quinte vi sia una sola, benché encomiabile, persona.

L’idea di base è interessante: costruire un Card Game che possa intrigare per la dinamica della gestione dei mazzi e dello scontro con l’avversario, senza ammorbare il tutto con infinite features così come ormai siamo abituati a vedere nei vari giochi di carte online che ammorbano la Rete e con l’aggiunta di divertenti puzzle grafici da risolvere per sbloccare aree dove scontrarsi con avversari dai mazzi sempre più aggressivi.

Certo però che se non si fanno le cose per bene si rischia di diventare soltanto una decente alternativa al Solitario di Windows (esiste sempre?) Volete un esempio? Tra i vari settaggi possibili c’è quello relativo alle lingue, dove appare incredibilimente anche il nostro italiano, benchè lo sviluppatore sia di Denver. Peeeeeeeerò… però lasciate perdere: moltiplicate una traduzione di Google Translate per un software di produzione randomica di parole e dividete per un paio di chili di insipienza. Il risultato è un italiano che non sentiremmo pronunciare neppure al più novizo degli stranieri. Tornamo all’inglese. Thank You for trying.

Triplicity – Vuoi vincere facile?

La cosa che devasta tutta la giocabilità di Triplicity è però la forza d’urto dell’intelligenza artificiale. Mi spiego. Il gioco prevede un numero di 180 carte diverse, da quelle più semplici a quelle più rare con effetti secondari di non secondaria importanza. All’inizio del gioco si parte con un mazzo base da 30 carte molto debole, sono davvero pochissime infatti le carte che hanno effetti secondari in grado di spostare dalla nostra parte l’esito dello scontro. Alla fine di ogni match, anche a seconda del fatto che si esca come vincitori o meno, ci verrà regalato un numero di carte che va da uno a tre, nella speranza che ci aiutino a costruire un mazzo migliore per le sfide successive.

Tutto quanto detto sopra rappresenta il nocciolo del problema principale: siccome i mazzi con i quali gioca l’IA sono assolutamente sgravati, siamo costretti a ripetere sconfitte su sconfitte sperando di droppare prima o poi qualcosa che ci aiuti a migliorare. Questo cancella l’intelligente costruzione del valore di ogni carta, dotata di un numero di punti energia che vanno da 1 a 3 e che rappresentano il loro costo nel corso di ogni turno di gioco, dei punti attacco e ferita che ne caratterizzano la natura da attaccanti difensori, più gli eventuali effetti aggiuntivi, che vanno dall’utile al devastante, in uno spettro che sembra gestito bene ma che potremmo confermare soltanto dopo aver sbloccato eventualmente tutto il novero di carte previste. Ok, prendi fiato, probabilmente ci avrai capito poco. Se vuoi comprendere meglio prova a dare un’occhiata alla mia prova online…

Triplicity – Ah, quanto mi manca…

Altre mancanze sparse:

  • Non esiste un manuale: forse non serve del tutto ma almeno all’inizio un minimo di disorientamento si prova
  • Non esiste alcuno storytelling, benché le carte abbiano colori (funzionali soltanto ad alcuni effetti secondari delle carte speciali) e malgrado il fatto che i disegni, pur semplici, siano molto caratteristici. Si sarebbe potuto creare un racconto che legasse i puzzle di inserto ai nomi e alle immagini delle carte. Niente.
  • Non esiste la possibilità di creare un secondo save game, quindi evitare che se un’altra persona volesse provare il gioco sullo stesso PC fosse costretta a partire dal punto in cui è arrivato il proprietario originale del gioco.
  • L’azione del gioco, dal punto di vista grafico, si svolge soltanto su un terzo dello schermo, quello centrale, come se idealmente Triplicity fosse stato disegnato per essere giocato in verticale su uno Smartphone. Le ali laterali dello schermo sono state donate ai poveri di spazio, magari potevano essere cedute a terzi per la pubblicità (quanto sono speculatore ahah).

la schermata di gioco di Triplicity

Triplicity – Un minimalismo che non disturba

Chiaro che parlare della grafica e del comparto sonoro di Triplicity dopo aver messo in evidenza problemi di giocabilità così grandi come quelli descritti sopra possa sembrare superfluo. È per dovere di cronaca nei confronti dell’autore, del compositore delle musiche Greg Williams e dell’artista che ha realizzato le immagini delle carte, Matthew Ryan, che mi preme sottolineare che la scelta minimalista è piacevole e ci lascia concentrare sui contenuti del gioco.

Un piccolo appunto (un altro? Sii clemente, no? No.). La colonna sonora di Triplicity, tecnicamente, è un tappeto musicale. Va bene eh? Però suona davvero strana la possibilità offerta su Steam di poterla acquistare e non a prezzo stracciato.

la schermata di uno dei puzzle grafici che si trovano su Triplicity

 

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Leonardo "VekkioNiubbo" Vannucci è stato il primo a cogliere le potenzialità della schizofrenia, sfruttandola per gestire decine di profili Social di brand e attività di cui cura la strategia online. Gioca e si emoziona con tutto ciò che si muove su schermo dai tempi dei Guelfi e dei Ghibellini ma non per questo ha perso la sua incredibile capacità di esserne incapace. Per questo preferisce scrivere di giochi che farsi vedere a giocarli. CANALE YOUTUBE - TWITTER - TWITCH