YumeNikki: Dream Diary – Recensione – PC Windows

YumeNikki: Dream Diary – recensione di Lara Padawan

YumeNikki: Dream Diary è il lavoro di Kadokawa Corporation, team di sviluppo che ha voluto ridare vita al discusso ed incredibile Yume Nikki. Il titolo è infatti un omaggio, con grafica moderna, del discusso gioco realizzato con RPG Maker. Scopriamo qualcosa in più…

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Yume Nikki è stato, ed è ancora, uno dei titoli indie più singolari di sempre. Realizzato dal misterioso e sfuggente, Kikiyama (soprannome dello sviluppatore di cui non si conosce altro) nel 2005 con il tool RPG Maker, ha accumulato in breve tempo una nutrita fanbase diventando negli anni un vero e proprio oggetto di culto.

La sua profondissima inflessione psichedelica, con la particolare interpretazione dell’astratto onirico, lo rende tuttora un’esperienza incredibile per chiunque apprezzi tali tematiche, a volte frustranti e senza senso.

Dopo aver giocato Dream Diary, ho voluto approfondire la tematica del titolo e quindi come faccio ormai di solito comincio dallo sviluppatore, purtroppo in questo caso non mi è andata benissimo, anche se qualche informazione in generale sul gioco l’ho trovata eh.

Anzi, ho trovato su Steam l’originale Yume Nikki, (gratis) l’ho scaricato e me lo sono giocato.

L’originale Yume Nikki è un videogioco decisamente anomalo, ma forse per per i cubettoni pixellosi mi ha decisamente coinvolta di meno, non ho avuto la sensazione di chiusura, non ho sentito l’angoscia di non riuscire a capire, l’oppressione e la pesantezza che ho provato invece in Dream Diary.

Il gioco è stato oggetto di numerosi dibattiti in rete, ed ha ottenuto un successo telematico non da poco, con tanto di innumerevoli fan art e blog a tema. Cominciando dal nome della protagonista Madotsuki che letteralmente significa “finestra”, racconta in un modo tutto suo un viaggio nei sogni più cupi, nevrotici e profondi, di un vagare per enormi spazi oscuri senza finalità alcuna, a parte quella di raccogliere i ventiquattro effetti che serviranno a sbloccare il raccapricciante finale del gioco, che a tutti gli effetti si potrebbe definire un non finale, o il degno coronamento di una grande non narrazione? Il nulla cosmico insomma (LOL).

Come quando vi succede qualcosa ma non sapete dargli una spiegazione, però cercate allo stesso tempo di dargli un senso logico. Oppure, anche semplicemente, per chi voglia perdersi nell’esplorazione di luoghi allo stesso tempo folli e affascinanti.

Ninny per esempio ne è rimasta colpita, e questo titolo le è piaciuto molto, perchè lei per natura cerca di dare sempre un senso logico a tutto. Infatti questo titolo spinge il videogiocatore a cercare di capire, qual’è il tormento, la colpa della piccola protagonista, il suo lato oscuro?

Scusate, è difficile non dilungarsi parlando di giochi tanto “memorabili”. L’introduzione, comunque, servirà a comprendere meglio il titolo di cui sto per parlare, vale a dire YumeNikki: Dream Diary.


YumeNikki: Dream Diary – Il Diario dei Sogni

Dream Diary mette subito in chiaro di non essere un remake. Viene definito dagli sviluppatori come un omaggio al lavoro di Kikiyama, una sorta di reinterpretazione in chiave moderna.

Kadokawa e Active Gaming Media hanno inoltre affermato che il titolo sia stato realizzato sotto stretta supervisione dello stesso Kikiyama, catalizzando dunque l’attenzione dei fan. Che ciò sia vero o meno non è dato saperlo, tuttavia i risultati di questa ipotetica collaborazione sono sotto gli occhi di tutti. E non sono molto incoraggianti.

Seguendo l’esempio del predecessore, Dream Diary non si preoccupa di snocciolare una trama. Madotsuki, la protagonista, vive segregata all’interno della sua stanza e, per la maggior parte del tempo, dorme.

Dorme e sogna, annotando sul suo diario i dettagli delle sue escursioni oniriche, spesso strambe all’inverosimile.

Le basi sono più o meno le stesse dell’originale. Andremo a letto e ci risveglieremo dentro un hub da esplorare, composto da porte che conducono a diversi mondi immaginari popolati da creature piuttosto inquietanti.

Al loro interno troveremo vari puzzle, sezioni platform, stealth e inseguimenti scriptati in stile horror game (che non fanno paura). Paradossalmente il vecchio Yume Nikki si basava esclusivamente sul piacere dell’esplorazione libera, senza limitazioni di sorta, qui invece, vige la filosofia degli obiettivi, una volta entrati in un mondo dovremo seguire un percorso lineare fino alla meta.

Peraltro gran parte degli elementi di gameplay gettati nella mischia risultano generici e noiosi. I puzzle non richiedono quasi mai ragionamenti ma, bisogna tornare sui nostri passi e rifare i percorsi fatti in precedenza, alla ricerca di oggetti specifici. Le sezioni platform sono frustranti a causa delle animazioni approssimative. Stealth e inseguimenti, al contrario, risultano sufficientemente coinvolgenti.

In ogni caso non c’è niente che conferisca personalità al titolo a livello ludico, vista l’importazione di meccaniche stile Inside e Little Nightmares, anzi in alcuni punti il gioco li ricorda moltissimo.

Se non altro le interazioni con gli NPC hanno acquisito un minimo di senso in più, allo stesso modo di certe azioni compiute da Madotsuki.

Apprezzabile come gli sviluppatori abbiano cercato di costruire un filo logico nella innata illogicità del titolo ed in linea di massima ho gradito il rifacimento grafico delle ambientazioni in chiave semi-realistica, nonostante l’originale facesse proprio del mistero e della vacuità i suoi cavalli di battaglia (con questo non voglio dire che i cubettini pixellosi vincono sulla grafica attuale eh Valerio Vega! Ammetto solo che, la versione pixellosa era forse meno filtrata, più diretta e spregiudicata – ndr)

Lodevole la soundtrack, forte di pezzi abbastanza evocativi, mistici e all’occorrenza carichi di tensione.

Associare Yume Nikki a Dream Diary sarebbe un errore. Non soltanto perché quest’ultimo è una reinterpretazione e non un remake, ma perché si tratta fondamentalmente di prodotti del tutto differenti, concepiti da filosofie di design opposte.

L’opera originale di Kikiyama era una full immersion nel mondo dei sogni, spaventosi e intriganti perché apparentemente privi di senso. Le ambientazioni stesse erano il gioco, ed eravamo liberi di esplorarle senza alcuna limitazione.

Dream Diary, invece, sceglie la via della linearità, di un relativo realismo e dell’horror palese, quello di jumpscare e inseguimenti, risultando comunque abbastanza piatto. Se siete fan e vi aspettate un fedele rifacimento dello Yume Nikki in RPG Maker, purtroppo rimarrete delusi. Allo stesso modo succederà anche se speravate si trattasse di un gioco superlativo.

Ma se volete addentrarvi nel lato oscuro di una mente contorta, alla ricerca di una spiegazione e forse di redenzione, se vi piacciono le storie non storie dove tutto è lecito e nulla è reale (il Credo in Assassin’s Creed), carpire le evocazioni di sogni astratti senza un senso logico, provare a dare una spiegazione all’inspiegabile, allora questo è il gioco che fa per voi.

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Alessia Lara Padawan – Romana, youtuber, nerd fino al midollo, adora film, serieTV, cartoni animati ed è malata da anni di una grave forma di dipendenza dai videogames. Il suo motto è: “Se credi anche lontanamente che ne valga la pena… allora GIOCALO!”